Umbria Jazz

solitamente accade che, dal satellite, tu vedi questa macchia scura muoversi verso l’Italia…
per una kermesse che sta ai neri come il lampione sta alle falene!
nota anche come la sindrome da Umbria Jazz…
un roveto di watussi per cui non riesci più a distinguere quei mille che ti costano 35 euro al giorno
da quell’uno che di euro te ne costa 35.000 a concerto..
e se non stai attento c’è caso che ti ritrovi a chiedere l’autografo a gente che fino al giorno prima stava a Lampedusa, avvolta da una coperta termica! e col cellulare pieno di selfie con clandestini, in borghese, sotto quest’indumenti sgargianti, che neanche avessero il carnevale indiano dentro l’armadio, con qualche d’uno che gli tira i colori non appena aprono l’anta…
il jazz è un’espressione che affonda le radici nella schiavitù, a ritmo di frustate, di profonda sofferenza, per cui visto ch’è stato da quelle disumane condizioni di segregazione che ha avuto origine un’espressione così elevata a livello musicale, noi ci saremmo aspettati che a parità di condizioni anche quest’altri scappati di casa dalla Libia, venissero fuori come i nuovi Armstrong, i nuovi Miles Davis.. e invece siamo pieni di gente che suona le monete davanti agli esercizi commerciali!
tutti lo stesso strumento con la visiera, peggio che la diamonica alle scuole medie..
e allora ci siamo chiesti, perché proprio qui ci è capitata una partita di neri così scarsi?
perché proprio qui ci è capitata una partita di neri così privi di talento?
e vi assicuro, non serve nemmeno sprecarci la frusta! perché io ci ho provato a spronarne qualcuno di questi…
“tira fuori un po’ di jazz!”
“almeno dammi il WI-FI”
“internet non ci stava nei campi di cotone! tira fuori il jazz!”
“basta, basta… io non riesco ad andare a tempo nemmeno con il rap… è inutile che mi frusti!”

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